martedì 8 maggio 2007

passaporto e affini

Ho avuto a che fare con le istituzioni.
Per farla breve avevo smesso di esistere da più di un mese.
Carta d'identità scaduta da un anno e passa, passaporto scaduto da un po' di settimane e apriamo un dibattito sulla patente. Io sapevo che quella di stoffa rosa valeva come documento d'identità. Ma poi l'ho persa. Rifatta. Ritrovata quella vecchia (che avrei dovuto bruciare ma che tengo per ricordo dei miei 19 paffuti anni). Rubata quella nuova. Rifatta ancora. (cazzo!)

Ora c'è questo pezzettino di plastica con la tua faccina piccolina, a differenza della nuova carta d'identità, in cui ora devi mettere una foto presa così da vicino che ti si possono contare i punti neri del naso. Questa specie di tesserino della mutua che chiamano patente è ancora buono come documento d'identità?
No, perchè al limite esibisco quello piuttosto della C.I.! Quando alla famiglia ho detto che nella fototessera ero venuta male, mi hanno guardato meravigliati e mi hanno detto: "Ma no, sei proprio tu!" gettandomi nello sconforto più totale. Ma so che i miei non conoscono il significato di "feedback positivo": in questo caso una menzogna sarebbe comunque andata benissimo. E invece.

Partendo dal concetto iniziale, noto miglioramenti sostanziali nell'organizzazione del mio comune. Numerino, 5 minuti di attesa, il mio amico che scoppia a ridere quando vede una grassona vestita interamente di giallo (con pantaloncini e maglietta aderente, mica pizza e fichi), arriva il mio turno.
Mi siedo a una scrivania, consegno le vecchie carte, le foto, firmo un casino di roba, pago 5 euri e passa, altra firma per il rinnovo del passaporto, infine la gentile signora mi indica un numero da inserire nel sito del comune che mi permetterà di sapere quando il passaporto sarà pronto. Wow. Fantascienza.

Chi come me ha superato una certa soglia adolescenziale (l'età non la dirò MAI!) si ricorderà di sportelli, di code in fila in piedi, di personale sgarbato.
Una volta sono stata in questura per il ritiro del passaporto mio e di mia sorella. Io senza delega. Non ci avevo pensato. Però arrivata allo sportello dopo un'ora di attesa in uno stanzone caldissimo, chiedo all'omino di poter ritirare anche quello della congiunta. L'omino si oppone. In maniera estremamente maleducata. Estremamente. Non doveva farlo.

Alzando la voce di 34 toni, ho fatto una scenata madre in cui ho affermato:

  1. che avevo chiamato e mi avevano detto che la delega non ci voleva (falso)
  2. che doveva quindi prendersela coi suoi colleghi incompetenti che rispondono al telefono (falso, però a quei tempi col cazzo che se chiamavi l'ufficio passaporti ti rispondeva qualcuno)
  3. che era piuttosto evidente che l'intestatario del passaporto n.2 era un mio congiunto, avendo stesso cognome, stessa città di nascità e stessa residenza (vero)
  4. che non era il caso di rispondere a un cittadino in maniera tanto maleducata, visto che si poteva esprimere lo stesso concetto con educazione e fermezza (vero)
  5. che avrebbe dovuto ricordarsi che la sua busta paga era rimpinguata anche dai miei soldi (verissimo)

Alle fine di questa scena tragico-impetuosa (se perdo il lume della ragione è finita, sono melodrammatica fino all'inverosimile) le sue scuse, i "Brava!", "Ha fatto bene!", "È una vergogna!" della fila retrostante, le facce allucinate delle altre persone agli sportelli, la consegna istantanea del passaporto n.2.

Me ne sono uscita con la faccia fosforescente, i passaporti in mano e un po' di bile che mi si riproponeva, però. Voilà.

Ora è tutto così organizzato, pacato, gentile che uno ci perde anche gusto ad andare negli uffici istituzionali.

E ora di che ci si lamenta?!

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