mercoledì 23 gennaio 2008

sono un'ignorante ma (tre parti, troppo lungo ma è il massimo della mia sintesi)

Prima parte (della serata)

Mentre leggevo il giornale online ho trovato un esercizio per mettere alla prova il tuo italiano (si trova qui), non ho neppure capito se i 6 livelli sono parti dello stesso gioco oppure se l'A1 sia il più semplice e il C2 il più complesso.
Ho cominciato con B1, ma mi sembrava sì banale che nella mia inossidabile modestia sono passata subito a C3.

133 giuste su 144. Un 93% rosicato.
Beh, per me è una chiara ammissione d'ignoranza, ché non sono poi così difficili le domande. Devo leggere di più, devo leggere di più, devo leggere di più.
[per chi si avventura, attenzione che un po' il test frega: maiuscole, minuscole, alle volte la frase va completata, alle volte basta la parola richiesta. Niente panico. Dopo aver controllato che vi è stato attribuito un errore che non è un errore, segnatevi bene le risposte che il test vuole, poi andate al livello successivo e subito cliccate a sx sul livello precedente. Basta che non barate su quelle che avete clamorosamente ed effettivamente sbagliato, se no non va bene) [tip: sappiate che il sostantivo collegato a "digerire" non è "digestivo"] [cogliona!]

Seconda parte (della serata)

A Ballarò parlano i figli di coloro che sono stati uccisi dal terrorismo degli anni '70-inizi anni '80. Zingaretti legge stralci del libro del figlio del commissario Calabresi, "Spingendo la notte più in là". Mi colpisce, e non solo perché lo trovo irresistibile. Mi colpisce ciò che legge. È il dolore della sua famiglia dopo due colpi di pistola fatali. Ed è anche altro.

Ho avuto contatti tramite e-mail, per coincidenze strane, con un signore che dopo molte parole gentili mi scrisse che era un ex-terrorista, condannato all'ergastolo, dopo più di 20 anni in regime di semi-libertà. Mi scrisse che se non gli avessi più risposto avrebbe capito. Io gli risposi ancora.
Mi scrisse (copio e incollo):

"non tutti sono pronti a capire, sopratutto non conoscendo la reatà di quegli anni, della storia che non è esattamente come te la raccontano...
Ma l'italia fintanto che non si deciderà a fare i conti con la storia, non andrà da nessuna parte. Sai, una nazione senza memoria non può avere futuro.
Per quanto ci riguarda abbiamo pagato tutto, ma ci sono ancora troppi morti che gridano vendetta o almeno giustizia...
Da piazza Fontana, all'italicus, a piazza Della Loggia e fino alla stazione di Bologna, con Ustica sono tutti in attesa di giustizia.
E in galera per quegli omicidi, non c'è mai venuto nessuno!
Gli italiani si meritano il berlusca, e tutti i guitti che verranno.
La volontà popolare non sempre ha ragione.
Spesso diventa forcaiola, se segue i cattivi maestri..."

A me la realtà di quegli anni non l'ha mai raccontata nessuno, io l'ho vissuta. Ero piccola, ma l'ho vissuta. E ricordo la monotonia dei telegiornali che parlavano sempre di morti, brigate rosse, gambizzati, indagini, polizia e carabinieri. Erano notizie ordinarie. Come (fino a qualche giorno fa) Berlusconi che annunciava la caduta del governo.

Poi, crescendo, piccoli pezzi di puzzle, uno dopo l'altro. Senza per questo avere una esatta comprensione di quegli anni, di quelle contrapposizioni così violente, di ideali ritenuti in assoluto giusti e portati avanti a mano armata.

Mi sarebbe piaciuto incontrare quel signore, ma fatti contingenti mi hanno poi impedito di farlo. E poi è passato del tempo, e mi è passato di mente, e lo stralcio di mail che ho incollato risale a due anni fa. Mi è tornato alla memoria proprio stasera. Perché io il puzzle non l'ho ancora messo insieme. Mi mancano tantissimi pezzi. Stasera ne ho uno in più ma mi manca ancora tanto per farmi un'idea precisa. E vorrei anche capire cosa possa armare la mano di un uomo, contro un altro che neppure conosce.

Nel frattempo sono andata a cercare il nome del signore ex-brigatista, perché mi scrisse di aver pubblicato un libro, google mi ha risposto con una pagina di repubblica che risale allo scorso febbraio. Leggo che il mio ex-interlocutore ha suggerito a due ex-colleghi di militanza, appena usciti di galera, dove far rapine per tirare sù un 100.000 euro. Gli è stata revocata la semi-libertà. Io sono ancora a bocca spalancata, e con il cuore che batte più veloce del solito.

Terza parte (della serata)

Quei quarantenni, figli, che hanno parlato a Ballarò, hanno parlato dei loro padri, attraverso i racconti ascoltati dalle madri, dagli amici, dai colleghi. Hanno parlato anche del loro dolore di bambini e del dolore delle proprie madri.
E mi ha colpito il figlio di Calabresi, che ha due ricordi nitidi legati al padre, il primo di un momento felice e il secondo del giorno dell'omicidio. Non aveva neppure tre anni. Io avevo il doppio degli anni e ho alcuni ricordi in più rispetto a lui. Ho perso mio padre all'improvviso, e non per terrorismo. Ma all'improvviso. Ho impresso nella mente il giorno della sua morte, impresso a fuoco.

Sento parlare di omicidi, politici o no, recenti o passati, di italiani o di stranieri, sento parlare di schianti in autostrada o di incidenti sul lavoro, e normalmente ascolto con indifferenza. Dimenticando quel dolore legato alla morte di una persona che ami, che riaffiora potente quando vedo il suo riflesso nelle parole, nei volti, nelle storie di persone che, loro malgrado, ne hanno conosciuto uno simile.

10 commenti:

Giacomo Brunoro ha detto...

Incredibile come storie private e assolutamente personali abbiano tratti così comuni. Ieri sera, ascoltando il racconto dell'omicidio Calabresi, mi sono commosso in modo fortissimo quando si raccontava del vicino di casa che andò dalla signora Calabresi per comunicargli la notizia della morte del marito (e mi ero commosso allo stesso modo quando ho letto il libro).
Mi sono commosso perché mi è tornata in mente mia madre che (in condizioni completamente diverse ma così assurdamente simili) ha provato la stessa cosa quando hanno suonato per darle la brutta notizia. Mi è venuto in mente mio fratello che ha dovuto telefonarmi per dirmi "è morto il papà". O l'altro mio fratello che torna a casa e capisce immediatamente che c'è qualcosa di sbagliato, che non va bene, che c'è troppa confusione in una giornata che dovrebbe essere normale e senza che nessuno gli dica niente capisce subito tutto. Insomma davanti al dolore vero, quello che ti prende dentro e che ti lascia senza fiato, siamo tutti uguali: indifesi, soli, privi di strumenti per capire un qualcosa che non c'è modo di capire.
Hai ragione, normalmente si dimentica quel dolore e non lo si associa mai a notizie o a nomi che leggiamo sui giornali e vediamo in tv, ma quando si è più rilassati, o quando ci si trova di fronte a persone che raccontano il loro dolore in modo così maturo e dignitoso ecco che riemerge, ed è sempre talmente forte da farsi sentire nel profondo.

Lillo ha detto...

Heh. Il dolore.
Gran cosa, il dolore.

Il mio nonno mi diceva che "col cat màasa mia at fa gniir più stèinch" (quello che non ti ammazza mica ti fa diventare più duro). Quando è morto mi sono accorto che aveva ragione.

Gli anni 70 li ho vissuti sui libri del terrorismo, perchè ero troppo piccolo per viverli in diretta. Li ho capiti dai diversi punti, quello dello Stato e quello degli Altri. E' stato il periodo più buio dell'Italia, per ora, e sta per arrivarne uno simile.

Comprendo e mi dispiaccio per il dolore delle famiglie di quanti sono morti in quegli anni. Ma il tuo corrispondente aveva ragione a scrivere che ci sono tante cose nel nostro paese che rimangono (e rimarranno) irrisolte. Ogni volta che sento nominare Calabresi, mi torna alla mente (ahimè) il nome di Pinelli.

Ma la violenza non deve essere la risposta. La testimonianza è che dopo anni, siamo ancora qui a piangere le vittime e non abbiamo risolto un cazzo (scusa il francesismo). E, porco cane, tutte le volte ripetiamo lo stesso errore.

Bah, basta. Mi hai fatto diventare triste.

Buona serata.

-L.

Anonimo ha detto...

Lillo fatti venire in mente anche il nome di Annarumma, un ragazzo di 20 anni di famiglia povera che ha scelto di fare il poliziotto, che è stato ucciso dai 68tini milanesi figli della borghesia (che tanto odiavano) che non avendo voglia di fare un cazzo si sono inventati la rivoluzione.

Pinelli si è buttato ma tutta la "pseudocultura" comunista ha sempre sostenuto che si fosse trattato di omicidio (quando le indagini hanno dimostrato il contratrio), perchè faceva molto più effetto dire che la polizia era cattiva.
Calabresi è stato ucciso, ma prima ancora di essere ucciso è stato sottoposto ad un linciaggio mediatico da parte di tutta la cultura di sinistra (che è solita ad attacare chi non si adegua al pensiero militante), quindi come associazione proprio non ci sta.

CdNP

Anonimo ha detto...

Non è il termine corretto, ma leggendo l'ultima parte del post ho provato invidia nei tuoi confronti.

Ho perso anch'io il padre da giovane.

Col passare degli anni non solo il dolore è come svanito, ma anche il ricordo che ho è un ricordo sbiadito, al punto che mi sembra di non averlo mai avuto un padre.

Non riesco a dare una giustificazione alla cosa, una giustificazione che mi tolga il senso di colpa (fra noi due vi era un rapporto molto bello, di amicizia prima ancora che di parentela) per questa dimenticanza.

Rispetto a quanto scrivi (da qui l'invidia) il riflesso di parole e volti altrui non mi è di aiuto per ricordare meglio.

Pappina ha detto...

@giacomo: credo che la pacatezza, il garbo e allo stesso tempo il dolore irrisolto di quei ragazzi quarantenni presenti in trasmissione, abbiano colpito in maniera profonda tutti coloro che hanno avuto occasione di ascoltarli (e io cercavo il commento iniziale di crozza...)

@lillo e cdnp: questo è ciò di cui parlo. ci mancano pezzi di conoscenza. forse ci mancheranno a vita, anche perché i morti non possono più spiegare (ediosolosa, se sarebbe utile). avete letto il libro? io, nel mio piccolo, comincerò da quello e spero di poterne discutere con l'ex-br. in ogni caso credo sia davvero complesso poter comprendere il clima di quegli anni. perché in mezzo c'è stato un trentennio di fortissimo cambiamento. e con questa premessa è difficile capire. siamo lontani ma non abbastanza, vicini ma non abbastanza (temporalmente parlando)

@pnv: non so pnv, forse è questione di rapporto risolto o irrisolto. io non sono stata amica di mio padre, ero solo la sua picciridda. io non ho conosciuto davvero mio padre, un po' perché ero piccola, un po' perché lui era molto in giro per lavoro. a me manca non aver conosciuto mio padre, ed è per questo che il dolore è ancora capace di diventare acuto. una volta mi sono imbattuta in un faldone di suoi documenti. sembravo una peregrina nel deserto che trova finalmente una pozza d'acqua in un'oasi. e tanto non è bastato.
non è certo il ricordo vivo o il dolore che provi che testimonia l'amore che hai provato per una persona. io credo che tu sia andato avanti perché hai avuto la forza per farlo.

Lillo ha detto...

Caro Ciccio, l'associazione ci sta eccome. Il fatto che tu sia saltato subito alle conclusioni (che peraltro io non ho tratto, giusto perchè né tu né io sapremo mai come sono andate le cose), mi fa saltare agli occhi che tu parta con dei preconcetti. Non volevo farne un discorso di politica, volevo solo dire che l'Italia è pieno di angoli bui, anche di fronte ad eventi che dovrebbero non averne.

Poi, al di là delle boiate che hai scritto, possiamo pure parlare di politica, possiamo stare ore a scannarci su diverse posizioni, ma non mi sembrava questo il caso.

Dear Pappina, il periodo è stato cupo e pericoloso, pieno di manovre da fonti esterne ed interne, e zeppo di disperati ed esaltati. Veramente una miscela esplosiva. Fra le bande armate, i complotti di palazzo, il terrorismo rosso/nero e le stragi di stato, c'è una pletora di libri da leggere che una vita non basta. Però una cosa la si capisce subito: allora (come oggi) chi ci rimetteva erano sempre gli stessi.

Triste che la cosa non sia cambiata.

Buona domenica.

Pappina ha detto...

Lillo hai ragione, l'Italia è un paese pieno di angoli bui, e questo mi pare assodato.
Lasciando da parte una rappresentazione del periodo, ché noi possiamo farci un'idea, certo, ma da ciò che ho letto e sentito, pur sempre un'idea inesatta, incompleta, sul fatto che "allora (come oggi) chi ci rimetteva erano sempre gli stessi" non sono d'accordo. Chi ci rimise allora furono giudici, poliziotti, giornalisti, addirittura il direttore dell'ospedale Policlinico di Milano. Chi ci rimise la vita, chi venne gambiizzato. Ci rimisero le famiglie di quegli uomini, coloro che con qualche colpo di pistola sparirono per sempre.
Oggi viviamo un clima politico allucinante, ma che sa più di "tarallucci e vino" piuttosto che di "mano armata". E mi sembra sì squallido, ma comunque migliore.

Lillo ha detto...

Guarda, oltre a giornalisti (tipo Mino Pecorelli), giudici (tipo Vittorio Occorsio) e poliziotti (e qui son troppi), è morta anche un sacco di altra gente. Tipo quelli seccati dal "fuoco amico" dei poliziotti che inseguivano per le vie di Milano la banda Cavallaro. O quelli ammazzati a Portella delle Ginestre dal Bandito Giuliano, o morti ammazzati in mezzo alle infinite rapine che hanno "infestato" quei tempi. O quelli morti per l'acqua del Dora piena di acido fenico, scaricato all'epoca dalle fabbriche come rifiuto (il che è ugualmente una bestialità, solo che era legale).

Sì, probabilmente dal punto di vista "assoluto" le condizioni sono cambiate molto. Probabilmente il fatto è che, per me, non sono cambiate abbastanza, ma vabbè. Hai ragione tu su questa cosa. Purtroppo però, nessuno mi toglie dalla capoccia che, nella maggior parte dei casi, le conseguenze più grandi le subiscono sempre quelli che non hanno possibilità di replica.

Baci, cara.

-L.

P.S.: ho visto che qui qualcuno ti chiama "Pappy". Ricordo ancora l'intifada che mi facesti quando osai chiamarti "Pappa". Devo concludere che qualcuno può e qualcuno no?

Pappina ha detto...

Solo C&M mi chiamano Pappy, il che, se permetti, è meno agghiacciante di "Pappa" che tanto mi ricorda pappamolla. E siccome per certi versi lo sono, mi sento toccata nel profondo [È METAFORICO, È METAFORICO!].

Anonimo ha detto...

People should read this.