mercoledì 4 marzo 2009

storia di due a una macchinetta del caffé

Arrivano a martedì quasi senza vedersi, a parte un lontano avvistamento - reciproco - in pausa pranzo.
Lei ha fatto i capricci con la collega per cambiare direzione, affinché non si trovassero nello stesso posto. La collega, ignara, l'ha accontentata. Ha passato giorni a studiare percorsi e orari alternativi, fortuna che l'azienda è grande, ci mancherebbe che una botta di sfiga mandasse tutto il suo meticoloso lavoro all'aria.
Lui non l'ha cercata, non ha fatto però nulla per evitarla. E ogni volta che percorreva un corridoio in cui sapeva avrebbe potuta incontrarla, senza accorgersene, rallentava il passo. Finché realizzava, si dava del coglione, si ripeteva ogni volta che in fondo non era stato nulla, se non un inciampo.

Martedì lei è costretta ad arrivare in sala riunioni per prima.
Deve verificare con l'informatico di turno che proiettore e portatile funzionino, mettere sul tavolo le copie della mini-dispensa che ogni volta prepara, perché ricorda sempre le parole che sua madre le ripete da quando è nata, "verba volant, scripta manent", e cerca un modo per tenere l'ansia a bada. Di solito litiga con il tecnico perché non funziona mai un cazzo, e quello già sarebbe un antistress o quanto meno un diversivo, ma oggi funziona tutto magnificamente. Cazzo.

Lui è il primo ad arrivare, con il suo inseparabile collega Enrico. I due provengono da due luoghi ben diversi, si sono conosciuti alla prima tornata di selezioni, entrambi da poco arrivati nella grande città dove c'è lavoro. L'azienda cercava tre persone con un certo profilo, su circa un centinaio lui ed Enrico ce l'hanno fatta. Hanno legato subito. Enrico parla poco ma si guarda molto intorno e, quando apre bocca, di solito tutti gli altri la chiudono. Molto autorevole.
M si sente sicuro di sé, anzi, lo crede. In realtà si sente sicuro perché c'è il collegamico, come i bambini verso l'inizio dell'adolescenza che si sentono al sicuro solo con l'amichetto del cuore, è impossibile che accada qualcosa.

Tuttavia.
Quando lei avvista dal vetro da cui è chiusa la sala che M ed Enrico sono lì lì per entrare, si sente un po' smarrita, un po' delusa, un po' incazzata. Facile giocare così, pensa, con qualcuno che ti para il culo. Lei si è ormai anche persa l'informatico. Però perché delusa? Cosa sperava? Che lui arrivasse in anticipo e le ripetesse ancora: "Houston, abbiamo un problema"? Che lui la guardasse con la dolcezza di quello sguardo che, caffé dopo caffé, l'ha resa vulnerabile?

Invece M entra, lo sguardo a lei sembra beffardo. Ma cretino, pensi davvero di essere riuscito a mettere tutti i tasselli a posto? Allora perché in pausa pranzo ho visto il tuo sguardo fermarsi nel mio? Credi che il tuo compare possa davvero salvarti? Non vedi che, ben piazzato com'è, è in realtà solo un paravento di carta di riso?
Lui no, non lo crede. Crede di essere salvo e basta. Ed è solo una coincidenza che lui ed Enrico siano arrivati al corso insieme. Certo, una coincidenza a seguito di una mail che chiedeva: "Andiamo al corso insieme, così prima ci prendiamo un caffé?", ma questo particolare neppure lo ritiene degno di nota.

Lei saluta con eccessivo entusiasmo, e inizia a realizzare che ce la deve mettere proprio tutta per non deconcentrarsi. Non dalla lezione, bensì dalla strategia di comportamento. Non vuole casini, non ne vuole creare. M ha famiglia, cazzo, cazzo, cazzo.
L'arrivo tempestivo degli altri partecipanti al corso la salva dall'eccessivo controllo su sé stessa.
La lezione scorre liscia, dura persino meno del solito. Eppure l'argomento trattato era ampio. Cosa è mancato?

Lui. Lui è assente. No, lui c'è, lui ascolta. Cerca di concentrarsi, di immagazzinare le informazioni, di decifrare i disegni e i grafici della dispensa. Solo che: non gli esce mezza parola polemica. Non la contraddice, così come è sempre successo. Mano mano che la lezione fila via, lei sente le note della marcia trionfale dell'Aida. Si sente una dea. Fragilissima ed estremamente contraddittoria. Ma che razza di dea è, una così?

Alla fine anticipata, lei invita - se ti pari il culo tu, me lo paro anche io - tutti i presenti per un fantastico caffè della macchinetta: "Offro io, gente", mette dentro la chiavetta e porcaputtana il display segna un euro e cinque centesimi. Ci stanno quattro caffé e loro sono ben di più. Mentre dentro di sé cerca una soluzione, mentre sente una figura di merda incombente, una mano prende il suo polso e le fa tirare via la chiavetta, "Lascia, ci penso io".

Ma no, ma merda! Era filato tutto così abbastanza liscio... 
Volta il viso, ritrova in un millisecondo la dolcezza di quello sguardo, che subito lui distoglie dal suo, per rivolgerlo al tastierino della macchina del caffé.

Lei arretra.
Si sente fregata.
Lui distribuisce caffé.
Si sente fregato.

2 commenti:

Fragola ha detto...

...che piacevole lettura...!
ciao

Pappina ha detto...

Ciao Fragola, grasssie!