E già si stavano, epidermicamente, reciprocamente, sul cazzo.
Poi, un giorno, la lieta novella: lei deve istruire lui su un argomento, ma lui, su quell'argomento, si ritiene già più che istruito.
Quindi, in un clima nient'affatto benevolo, ecco che si trovano in una sala riunioni, con altri colleghi. Lui è ovviamente il saccentone, quello che deve avere l'ultima parola. Quello che contesta ogni sua affermazione. Gli altri colleghi lo conoscono tutti bene, e si divertono a notare come, incontro dopo incontro, lei comincia a mancare di educazione e a perdere un po' le staffe. Lei pensa che sì, d'accordo, è polemica come lui, ma non così cagacazzo! Lui pensa che lei sia stata messa lì giusto per darle un contentino, non si accorge dei propri limiti di conoscenza.
Incontro dopo incontro, rissa dopo rissa, iniziano a capirsi. O meglio, a capire che sono proprio simili, sia per la testardaggine, sia per la forte autostima, sia per la capacità di ridere sopra sulle litigate avvenute pochi minuti prima. Così lei inizia gli incontri di aggiornamento con: "Se M non ha già un motivo per polemizzare...", tra le risatine generali.
I due diventano quasi amici, tutto comincia quando lui le offre un caffé alla macchinetta.
Caffé dopo caffé, chiacchierata dopo chiacchierata, scoperta dopo scoperta sulle tante cose che hanno in comune, il rapporto tra i due bastiancontrario si rafforza.
Lui è impegnato, lei no.
Un tardo pomeriggio, quando la colleganza è quasi già tutta a casa, lui irrompe nel suo ufficio.
La guarda un attimo dritto negli occhi, e poi dice: "Houston, abbiamo un problema".
Lei ha già capito tutto, e spiazza la controparte.
"Si, abbiamo un problema. Baciami".
Lui la guarda con gli occhi fuori dalle orbite, le dice: "Ma sei matta? Io ho famiglia...".
Lei è pragmatica.
"Mi baci, ti levi lo sfizio, scopri che non è niente di speciale, e la finiamo qui".
Lui la guarda, non si muove. Si sente scoperto. Chissà, se lei non l'avesse preso in contropiede, come sarebbe andato avanti nella spiegazione del problema.
Lei si avvicina e, senza abbracciarlo, lo bacia sulla bocca. Cazzo, si sbagliava. Si è emozionata di brutto, ma non vuole fare casini, soprattutto non ne vuole procurare, allora decide di mentire.
"Vedi? Niente di che, è stato solo..."
Non fa tempo a finire la frase, lui le prende all'improvviso il viso tra le mani e la bacia di nuovo. E questa volta il bacio è infinito e bellissimo ed emozionante. Molto emozionante. E l'emozione di lui lei la sente sul suo corpo, è decisamente un'erezione.
Lui si stacca, ed è sconvolto.
Bofonchia qualcosa: "Meglio che vada".
Lei lo guarda, vede il suo viso rosso come non l'ha visto mai, lo sguardo basso da senso di colpa. Anche lei sente il suo viso fosforescente, ma lo sguardo è alto, ha bisogno di osservare per capire tutto. E ha capito che un'intensità così sarà difficile da provare ancora.
Lui gira le spalle, si avvia alla porta, le dice: "Ci si vede martedì", lei, con voce poco ferma, lo saluta. E si chiede cosa succederà e, come ogni donna che si rispetti, fa mille ipotesi. Ma sa che non ci sarà lieto fine.
Lui si allontana. Sente sensazioni contrastanti, un senso di leggerezza, un'esplosione di emozioni forti, il senso di colpa. Si domanda compulsivamente cosa fare, ma non trova risposta. Da una parte rivive emozione e passione oramai un po' sepolte, dall'altra sa di avere la stabilità e la serenità di una famiglia che si è costruito passo dopo passo.
Felicità e serenità: il solito, maledetto, dualismo.
Non vanno quasi mai di pari passo, e allora è un casino.
Un'altra storia d'amore nata così, quasi per sbaglio, l'incontro di due persone che si è trasformato in qualcosa di magico.
E di estremamente pericoloso.